È illegittimo l’operato della commissione quando, lungi dall’assolvere al suo compito di applicazione dei criteri di valutazione previsti dalla normativa concorsuale, essa ha trasmodato in una manipolazione della stessa, sostituendo criteri previsti dal bando che non aveva il potere di sostituire, circoscrivendo ne altri, attribuendo rilievo determinante ad un criterio arbitrariamente introdotto; l’operato così descritto è illegittimo perché la normativa concorsuale è intangibile da parte della commissione giudicatrice e questo predicato è posto a garanzia della trasparenza ed imparzialità della selezione dei candidati al posto a concorso. Tali esigenze permangono quand’anche si constati che uno dei criteri previsti dalla normativa concorsuale non sarebbe applicabile e dunque non potrebbe svolgere alcuna utile funzione di selezione dei candidati (come, ad esempio, l’aver previsto la valutazione dell’attività progettuale per un settore concorsuale in cui questa non è prevista). L’errore giustifica un eventuale intervento correttivo dell’amministrazione che ha indetto il concorso, ma non già un’attività manipolativa della commissione, anche quando per il criterio che si riveli non pertinente non sia conseguentemente possibile attribuire alcun punteggio ai candidati.
Esorbitano dal sindacato di legittimità devoluto al giudice amministrativo sulle attività di carattere discrezionale quali i giudizi in sede concorsuale le censure con le quali la ricorrente lamenta che il punteggio conseguito per i criteri in cui la stessa ha prevalso nei confronti della controinteressata non sarebbe adeguato all’effettivo pregio delle pubblicazioni e il divario rispetto a quest’ultima avrebbe dovuto essere superiore, poiché attraverso censure di questo tenore viene sollecitato un sindacato di tipo sostitutivo rispetto a profili di carattere tecnico rimesso al potere discrezionale dell’amministrazione.