Il determinarsi di falsi documentali (D.P.R. n. 3 del 1957, art. 127, lett. d) o dichiarazioni non veritiere (D.P.R. n. 445 del 2001, art. 75) in occasione dell’accesso al pubblico impiego è causa di decadenza, per conseguente nullità del contratto, allorquando tali falsità comportino la carenza di un requisito che avrebbe in ogni caso impedito l’instaurazione del rapporto di lavoro con la P.A., sottolineando che con le richiamate pronunce si è evidenziato che il D.P.R. n. 445 del 2000, art. 75 nel prevedere, quanto alle dichiarazioni sostitutive, che la non veridicità del contenuto comporta la decadenza del dichiarante dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera, opera ogniqualvolta, in assenza della falsa dichiarazione, l’impiego non sarebbe stato ottenuto, ossia nei casi in cui l’inclusione nella graduatoria concorsuale o selettiva sia diretta conseguenza del mendacio.
È quindi, necessario che l’interessato abbia conseguito l’utilità sostanziale proprio per effetto della falsa dichiarazione resa, essendosi altrimenti in presenza del c.d. falso innocuo (il quale potrebbe rilevare eventualmente come illecito penale autonomo ai sensi dell’art. 76 del T.U. n. 445/2000, ma non anche in relazione alla perdita della utilità acquisita).
Se una previsione della lex specialis del concorso chiede la presentazione dei titoli sia nel formato di un curriculum vitae non autocertificato sia nella forma di una dichiarazione sostitutiva di certificazione (o autocertificazione) non rende intercambiabili le due modalità.
La dichiarazione sostitutiva attua un meccanismo di semplificazione procedimentale che ovvia alla presentazione in originale del titolo; pertanto, un titolo indicato nel curriculum vitae non autocertificato ex d.p.r. 445/2000, ma non indicato nella dichiarazione sostitutiva di certificazione, non può essere valutato dalla commissione, anche nel rispetto del principio di auto-responsabilità dei concorrenti, con esclusione di spazi per il soccorso istruttorio, vista l’estensione delle carenze nell’autocertificazione. Pertanto, appurato che una serie di titoli sono stati indicati solo nel curriculum vitae firmato ma non autocertificato ma non sono stati indicati nella sua dichiarazione sostitutiva di certificazione, la commissione non avrebbe dovuto valutarli o, comunque, l’Amministrazione avrebbe dovuto evidenziare la discrasia, onde consentire una valutazione puntuale dei soli titoli autocertificati.