È pienamente legittima l’individuazione da parte dell’Università delle “Specifiche funzioni che il ricercatore è chiamato a svolgere” nell’ambito di un contratto di ricerca da attivare presso l’Ateneo. Si tratta di una specificazione che attiene al merito delle scelte amministrative, insindacabile dal giudice amministrativo, al quale è precluso di sostituirsi all’amministrazione nella specificazione, all’interno di un determinato Settore scientifico disciplinare, degli ambiti di ricerca cui dedicare le proprie risorse. Conseguentemente, non può dirsi irragionevole la scelta della commissione di valorizzare, ai fini della valutazione dei candidati di una procedura di selezione volta all’assunzione di ricercatori a tempo determinato, la congruenza delle attività didattiche e scientifiche svolte dagli stessi con l’offerta formativa dell’Ateneo e con le tematiche precisate nel bando.
Il bando per la procedura selettiva per la copertura di un posto di ricercatore di tipo a che includa tra le pubblicazioni valutabili anche la tesi di dottorato è pienamente legittimo in quanto non solo il Regolamento dell’Ateneo in questione, ma anche lo stesso art. 24, comma 2, lett. c) della l. n. 240/2010 prevede la “valutazione preliminare dei candidati, con motivato giudizio analitico sui titoli, sul curriculum e sulla produzione scientifica, ivi compresa la tesi di dottorato […]” tra i criteri da osservare nelle procedure selettive in questione.
La sussistenza di rapporti accademici o di ufficio tra il commissario di una procedura selettiva per la copertura di un posto di ricercatore di tipo a e il candidato non è idonea ad integrare gli estremi delle cause d’incompatibilità normativamente previste. In particolare, l’attività di affiancamento del candidato alla cattedra del commissario e il fatto che quest’ultimo sia stato relatore della tesi di dottorato del primo non sono sufficienti a documentare rapporti di amicizia tra i due né a comprovare la sussistenza di rapporti di collaborazione tali da esulare dalle ordinarie relazioni accademiche o, comunque, da porre in dubbio l’equidistanza del commissario tra i candidati e l’oggettività nei giudizi espressi.