Nell’attuale contesto normativo, la copertura dei posti da professore ordinario e associato può avvenire mediante due diverse modalità: mediante procedura selettiva aperta a tutti i soggetti in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale e ai professori già in servizio (art. 18, della legge 30 dicembre 2010, n. 240.); per un massimo della metà dei posti disponibili, attraverso le procedure di selezione mediante “upgrading”, di cui all’art. 24, commi 5 e 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240. Le disposizioni da ultimo citate consentono alla singola Università, «nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione», di valutare i docenti titolari di contratto, in servizio presso l’Ateneo medesimo ed in possesso di abilitazione scientifica, ai fini della loro chiamata nel ruolo dei professori associati (se ricercatori) ovvero in quello dei professori ordinari (se professori associati).
In particolare, il comma 5, riguarda la procedura di valutazione del ricercatore con contratto a termine, ai fini della sua chiamata nel ruolo di professore associato; il comma 6, per il periodo transitorio dalla data di entrata in vigore della legge n. 240 del 2010 e fino al 31 dicembre del sesto anno successivo, prevede che la medesima procedura di cui al comma 5 possa essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e ricercatori a tempo indeterminato «in servizio nell’università medesima».
Il legislatore ha affidato all’autonomia regolamentare dell’Università l’attuazione dell’art. 24, commi 5 e 6. Nella vicenda in esame, l’art. 9 del “Regolamento per la disciplina della chiamata dei Professori di prima e seconda fascia ai sensi dell’art. 18, comma 1, e dell’art. 24, commi 5 e 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240», stabilisce (nella formulazione vigente ratione temporis) che “il dipartimento individua il candidato da sottoporre a valutazione” e che «la valutazione è effettuata da una commissione nominata dal Rettore, su proposta del dipartimento interessato che ha richiesto la copertura del posto ed è composta di tre professori di prima fascia inquadrati nel macrosettore a cui appartiene il settore concorsuale per il quale il candidato ha conseguito l’abilitazione, anche esterni ai ruoli dell’Ateneo o attivi in università o centri di ricerca di Paesi OCSE, di cui almeno un professore del settore di abilitazione del candidato”. Aggiunge che “la commissione formula le proprie valutazioni tenendo conto dei criteri, dei parametri e gli indicatori stabiliti dal regolamento ministeriale, nonché in conformità agli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale individuati dal regolamento dell’Università nell’ambito dei criteri fissati con il decreto ministeriale 4 agosto 2011, n. 344”.
Il tratto differenziale tra i due dispositivi di accesso è costituito dal fatto che, mentre il primo ha natura concorsuale – quindi aperto a tutti i candidati interessati –, il secondo prevede un meccanismo di reclutamento eccezionale riservato ai soli “interni”, ovvero al ricercatore o al professore già incardinato presso l’Università. Sennonché, la rinuncia alla massima concorsualità tipica della procedura aperta, non significa affatto che tale peculiare forma di progressione interna sia rimessa a valutazioni “libere” (secondo un criterio intuitu personae) e non trasparenti.
Tale assunto si fonda sui seguenti argomenti. Sovviene, in primo luogo, l’obbligo per il giudice dell’interpretazione costituzionalmente orientata. Va rimarcato che, secondo la giurisprudenza costituzionale, il concorso pubblico è la forma generale ed ordinaria di reclutamento del personale della pubblica amministrazione, in quanto meccanismo imparziale che, offrendo le migliori garanzie di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del merito, garantisce l’efficienza dell’azione amministrativa. L’indefettibilità del concorso pubblico come canale di accesso pressoché esclusivo nei ruoli delle pubbliche amministrazioni non è assoluta, ma ad esso può derogarsi solo in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico. L’area delle eccezioni al principio del concorso è stata delimitata in modo assai rigoroso, in quanto sono ritenute legittime le sole deroghe giustificate dall’esigenza di garantire alla pubblica amministrazione specifiche competenze consolidatesi all’interno dell’amministrazione stessa e non acquisibili dall’esterno…”.