Il principio secondo cui le false dichiarazioni conducono alla esclusione dalla procedura, non rappresentando dei falsi innocui rispetto all’ottenimento dei benefici derivanti dal concorso, sia quando il fatto rileva ai fini di comprovare il possesso del titolo di partecipazione, sia quando lo stesso concerne la fase della attribuzione di maggiore punteggio, vale non solo nel caso di autodichiarazione contenuta nella domanda di partecipazione alla procedura, ma anche quando la autodichiarazione non veritiera sia riportata nel curriculum vitae.
Di conseguenza, a nulla rileva che il modo di agire del dichiarante non avrebbe di fatto inciso sulla valutazione espressa dalla Commissione in quanto la ratio legis alla base delle previsioni recate dagli prefati artt. 46 e 75, cit. non è infatti solo quella (mediata e successiva) di proteggere la funzione amministrativa dall’incorrere in errori sostanziali di valutazione, bensì quella (formale e anticipata) di mettere tutti i concorrenti su un piano di parità con riferimento alla responsabilità che gli stessi assumono con le proprie autodichiarazioni, confidando sulla correttezza ed esattezza di quanto reciprocamente dichiarato, sia nel curriculum vitae, sia nella domanda di partecipazione, nonché quella di porre l’Amministrazione nelle condizioni di serenamente valutare i fatti, senza quindi essere indotta a destreggiarsi in defatiganti distinzioni e raffronti tra dati curriculari e dati contenuti nelle domande che, anche in buona fede, potrebbero dare adito ad illegittimità e ingiustizie a vantaggio di taluno e a discapito di altri.