La commissione esaminatrice di un pubblico concorso è titolare di ampia discrezionalità nel catalogare i titoli valutabili in seno alle categorie generali predeterminate dal bando, nell’attribuire rilevanza ai titoli e nell’individuare i criteri per attribuire i punteggi ai titoli nell’ambito del punteggio massimo stabilito, senza che l’esercizio di tale discrezionalità possa essere oggetto di censura in sede di giudizio di legittimità, a meno che non venga dedotto l’eccesso di potere per manifesta irragionevolezza e arbitrarietà.
Non è irragionevole la scelta della Commissione di riservare quasi il 90% dei punti alle pubblicazioni e solo il 10% ai titoli, qualora fonti sovraordinate si limitino a prescrivere che, nell’assegnazione dei punteggi, alle pubblicazioni doveva esser attribuito “non meno del 70% del punteggio massimo”.
In relazione ai calcoli fatti dalla parte ricorrente che intenda rivedere in pejus i punteggi assegnati al controinteressato ed in melius i punteggi che le sono stati attribuiti, si tratta con ogni evidenza di uno sconfinamento nel merito delle valutazioni ampiamente discrezionali della Commissione, che è del tutto inammissibile, in quanto, oltre che in ordine all’individuazione dei criteri per l’attribuzione ai candidati dei punteggi anche con riguardo alla valutazione dei titoli.