L’art. 24, comma 3, lett. b), della L. 240/2010, applicabile ratione temporis, fissa una serie di vincoli tesi a scongiurare la predisposizione di bandi con i quali possa essere precostituito un profilo “ad personam”, riferito a competenze già acquisite e particolari, così da privilegiare un candidato a scapito degli altri, in assenza di una effettiva comparazione dei relativi meriti scientifici e tecnici, coerentemente con le finalità perseguite dalla legge di riforma.
La l. n. 240/2010, pur garantendo l’autonomia del singolo ateneo e affidando la chiamata alla discrezionalità della sua potestà regolamentare, subordina tale autonomia al “rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori”; testo che conferma la sussistenza del principio della necessaria esperienza dei soggetti chiamati a comporre le commissioni di valutazione nel settore oggetto di chiamata (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 30 luglio 2018, n. 4675).
È illegittima la decisione del Dipartimento di non chiamare il vincitore del concorso sorreggendo la sua decisione con una (non dichiarata) eventuale inadeguatezza dei componenti della commissione, avendoli esso stesso scelti.
Risulta fondato il motivo con il quale l’appellante lamenta l’illegittimità della delibera del Consiglio di dipartimento, laddove, nel decidere di non chiamare il vincitore, lo ha fatto non esprimendo le considerazioni che gli competono (quali ad esempio il venir meno dell’esigenza di ricoprire quel posto), bensì operando valutazioni che sono invece riservate ad un altro organo (la Commissione) che concorrono al conseguimento del risultato finale. L’ illegittimità è tanto più evidente se si considera che il Consiglio ha una composizione tale da non assicurare né l’imparzialità, né la competenza specifica della commissione.
L’acclarata illegittimità della delibera del Consiglio di Dipartimento implica l’accoglimento della domanda risarcitoria limitatamente al danno patrimoniale, non ricorrendo i presupposti per il riconoscimento del danno non patrimoniale (sub specie di danno morale), non essendosi in presenza di illecito che abbia violato diritti fondamentali della persona.
In relazione alle richieste di risarcimento del danno patrimoniale va premesso, ai fini dell’accoglimento della domanda, il ricorrente ha l’onere di dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi tipici della fattispecie di responsabilità, ossia: a) il fatto illecito costituito da una condotta antigiuridica della P.A., rappresentata dall’attività amministrativa illegittima; b) l’evento dannoso, vale a dire il danno ingiusto rappresentato dalla lesione della situazione sostanziale protetta di cui il privato è titolare; c) il nesso di causalità tra illegittimità e danno; d) l’elemento soggettivo, nel senso che l’attività illegittima deve essere imputabile all’amministrazione (all’apparato amministrativo) a titolo di dolo o colpa