Qualora lo statuto di un’Università che abbia indetto una procedura selettiva ai sensi dell’art. 18, 1° comma della l. 240/2010 preveda, con riferimento alla validità delle riunioni e deliberazioni degli organi collegiali di Ateneo, che “coloro che esprimono voto di astensione devono essere considerati tra i presenti”, ai fini della determinazione del quorum funzionale devono essere considerati anche i docenti che si sono astenuti dalla votazione.
In mancanza di querela di falso, non è possibile per un candidato ad una procedura selettiva ex art 18, comma 1, l. 240/2010 annoverare tra i voti a lui favorevoli un voto che, in realtà, non risulta contemplato nella verbalizzazione. È principio acquisito dalla giurisprudenza che la verbalizzazione delle riunioni degli Organi collegiali della Scuola e dell’Università ha valore di atto pubblico facente fede fino a querela di falso.
È legittima la scelta del Consiglio di Amministrazione di un’Università di applicare ad un Dipartimento la sanzione di non poter richiedere la copertura di un ruolo per la medesima fascia e per il medesimo settore concorsuale oggetto del bando, laddove il regolamento dell’Università per la disciplina della chiamata dei professori di prima e seconda fascia preveda una tale sanzione nei casi di mancata chiamata non giustificati da sopravvenuti impedimenti imprevedibili ed eccezionali, indipendentemente dalle altre ragioni che abbiano portato alla “non chiamata”.
È legittimo il regolamento per la disciplina della chiamata dei professori di prima e di seconda fascia di un’Università che stabilisca che le commissioni di valutazione individuino (non il candidato migliore, ma) i candidati idonei a svolgere le funzioni didattico-scientifiche per le quali è stato bandito il posto, all’esito di una valutazione – in assoluto, e non comparativa – delle pubblicazioni scientifiche, del curriculum e dell’attività didattica dei candidati e che affidi al consiglio di Dipartimento la scelta, fra gli idonei, del candidato da proporre per la chiamata. Ed infatti, nessuno dei criteri dettati dalla l. 240/2010 impone agli atenei di affidare alle commissioni di valutazione la formulazione di giudizi che pongano ciascun candidato a confronto con tutti gli altri, giacché è la procedura nel suo complesso a doversi svolgere comparativamente, in modo cioè da consentire che emergano, nel raffronto tra i vari giudizi, individuali e collegiali, i candidati da ascrivere al novero degli idonei, e, tra questi, quello maggiormente idoneo.