E’ illegittimo, sotto il profilo della illogicità manifesta, tra premesse e conclusioni, il giudizio espresso dalla Commissione di concorso tutte le volte in cui essa giudica la produzione scientifica di un candidato ottima, innovativa e originale e con alto indice di impatto e tuttavia quest’ultimo consegue in giudizio finale di “ottimo”, viceversa al vincitore del concorso viene dato atto del possesso di una produzione scientifica non espressamente giudicata e (anche) con un indice di impatto inferiore e ciò nonostante consegue in giudizio finale di “eccellente”.
Le valutazioni della commissione d’esame costituiscono espressione di discrezionalità tecnica sindacabili dal giudice amministrativo, sotto il profilo della loro palese ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità. In particolare, si è affermato nella giurisprudenza come il sindacato giurisdizionale sugli apprezzamenti tecnici possa svolgersi, circa la verifica diretta dell’attendibilità e plausibilità degli stessi, sotto il duplice profilo della correttezza quanto a parametro guida o criterio tecnico (individuato in astratto) ed a procedimento applicativo (seguito in concreto). Pur sempre però senza mai sortire “effetti sostitutivi” nella valutazione, laddove permane l’opinabilità di certi giudizi, purché siano plausibili.
Ove è carente il processo logico, ma anche fattuale, dell’applicazione dei parametri predeterminati dal Bando di concorso dai criteri valutativi, individuati dalla stessa Commissione, il giudizio finale è viziati da eccesso di potere per contraddittorietà. Più specificamente, con riguardo ai concorsi pubblici (art. 97 Cost.) per l’attribuzione della docenza universitaria, strutturati come valutazioni comparative dei titoli scientifici, si è precisato che queste sono finalizzate a verificare l’idoneità scientifica e culturale dei candidati, di guisa che le valutazioni sono sindacabili dal giudice amministrativo nei casi in cui sussistono elementi idonei ad evidenziarne un macroscopico sviamento logico, o ancora un palese errore di fatto, o infine una contraddittorietà con evidenza rilevabile. Si è ritenuto che: “il giudizio complessivo finale sulla personalità scientifica del candidato, cui segue, con deliberazione assunta a maggioranza dei commissari, la votazione finale previa valutazione comparativa dei vari candidati […] non potrà che essere coerente con le valutazioni precedentemente compiute ed esplicitate in sede di giudizi complessivi, a pena di illegittimità per contraddittorietà”.
Lo scostamento, rispetto ai criteri predeterminati, evidenzia una violazione della par condicio e la intrinseca non plausibilità del giudizio finale formulato e, quindi, la sua inidoneità a supportare la pretesa legittimità della valutazione espressa dalla Commissione. Talché l’utilizzo di classi di indicatori di valutazione diversi nell’espressione del giudizio, rispetto a quelli invece predeterminati e specificati nella griglia di valutazione, non consente una ricostruzione a posteriori dell’autentico percorso logico-giuridico seguito dalla Commissione nell’addivenire ai giudizi formulati, nell’ambito peraltro di una valutazione, la quale è strutturata come “comparativa” tra pochissimi partecipanti (tre, nel caso di specie), e non già “concorsuale”, rispetto a una platea di qualche centinaia, se non migliaia di candidati, come avviene sovente nell’ambito di una procedura concorsuale pubblica più tradizionale.