La procedura di chiamata dei professori di prima e di seconda fascia di cui all’art. 18 della legge 240/2010 (richiamato dall’art. 24, comma 5, della medesima legge) rientra tra quelle di tipo comparativo, alla quale sono ammessi quanti sono in possesso dei requisiti individuati al comma 1, lett. b), che deve svolgersi in modo trasparente a partire dalla pubblicità della sua indizione (comma 1, lett. a) e basarsi sulla “valutazione delle pubblicazioni scientifiche, del curriculum e dell’attività didattica degli studiosi” (comma 1, lett. d). La medesima disposizione di rango primario prevede la “formulazione della proposta di chiamata da parte del dipartimento con voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori di prima fascia per la chiamata di professori di prima fascia, e dei professori di prima e di seconda fascia per la chiamata dei professori di seconda fascia, e approvazione della stessa con delibera del consiglio di amministrazione” (comma 1, lett. e).
La Commissione, quindi, è chiamata a valutare i titoli ritenuti rilevanti (sulla base dei criteri dettati dalla stessa e fissati nel bando). Essa, tuttavia, non stila una graduatoria, sulla base della quale viene individuato il vincitore, essendo tale nomina demandata agli organi universitari indicati nello stesso menzionato art. 18 della l. n. 241/2010. Spetta al Dipartimento competente redigere la proposta di chiamata, da sottoporre al Consiglio di Amministrazione dell’Università per l’approvazione.
Le determinazioni del Dipartimento non possono prescindere dal giudizio della Commissione che individua, all’esito della valutazione di ordine tecnico, i candidati ritenuti idonei, ma ciò –come anticipato- non comporta un vero e proprio vincolo in ordine alla scelta del candidato da nominare vincitore della procedura, perché altrimenti la disciplina non avrebbe previsto una disciplina così articolata come quella che segue il giudizio della Commissione (proposta di nomina dal Dipartimento al Consiglio di Amministrazione).
Né è possibile al giudice amministrativo sostituire le proprie valutazioni a quelle degli organi accademici, che costituiscono espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo nei casi di manifesta illogicità ed irragionevolezza, difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, nella specie evidentemente non ricorrenti.