L’interesse ad impugnare gli atti endoprocedimentali (quali la nomina della Commissione giudicatrice, la scelta dei criteri di selezione o la proroga del termine di conclusione delle operazioni di valutazione dei candidati) sorge con l’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento, quando la procedura di chiamata si è conclusa in senso sfavorevole.
In linea generale non è precluso al candidato classificatosi al quarto posto impugnare gli atti della procedura di concorso, specie se fa valere vizi intesi a determinare il travolgimento dell’intera procedura e non semplicemente la modifica della graduatoria. Nondimeno, l’ampio distacco in termini di punteggio dalla vincitrice non determina a priori l’inammissibilità del ricorso ma deve essere tuttavia debitamente tenuta in considerazione dal Giudice nell’esame dei singoli motivi di impugnazione.
Le valutazioni espresse dai commissari regolarmente nominati non potrebbero essere inficiate dall’eventuale illegittimità della nomina del commissario supplente, rimasto sostanzialmente estraneo ai lavori della Commissione medesima.
La doglianza che contesti la genericità e la non pertinenza dei criteri adottati è inammissibile qualora il ricorrente non alleghi diversi e più appropriati criteri di valutazione che gli avrebbero consentito di sopravanzare i tre candidati che lo precedono nella graduatoria finale.
La doglianza che contesti la genericità e la non pertinenza dei criteri adottati è infondata perché i criteri di valutazione delle prove di una selezione possano essere fissati direttamente dal bando oppure rimessi alla discrezionalità della commissione esaminatrice, con l’unico vincolo tassativo costituito dal fatto che, in tale ultimo caso, essi siano fissati prima dell’avvio delle operazioni valutative, e ciò a garanzia dei principi di trasparenza e di imparzialità dell’azione amministrativa.
L’obbligo di motivazione in sede di attribuzione dei punteggi nelle procedure selettive è validamente effettuato mediante valutazione in forma numerica, sintetizzando il voto numerico il giudizio tecnico – discrezionale della Commissione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni e chiarimenti.
La mancata verbalizzazione del giudizio individuale reso da ciascun commissario in relazione a ognuno dei candidati è superata dalla circostanza che nella relazione finale si dà atto che tali giudizi individuali vi sono stati e che la decisione collegiale è stata assunta all’unanimità.
È inammissibile per carenza di interesse la domanda volta a chiedere l’esclusione del terzo classificato per conflitto di interesse con uno dei commissari in quanto quand’anche la doglianza fosse fondata, consentirebbe al ricorrente di salire al più di un posto in graduatoria, ma non certo di conseguire il bene della vita (il posto da professore di prima fascia), visto che il primo e il secondo classificato comunque non avrebbero beneficiato degli esposti rapporti di collaborazione con uno dei commissari.
Risulta conforme ai principi di efficienza ed economicità, che a mente dell’articolo 1 L. n. 241/1990 presiedono l’attività amministrativa, la decisione del Rettore di non sciogliere la Commissione quando il ritardo nella conclusione dei lavori sia stato di pochi giorni.