In generale, le censure inerenti la composizione della commissione non richiedono la dimostrazione di uno specifico pregiudizio derivante da tale vizio, considerato che questo, se sussistente, determina il travolgimento dell’intera procedura concorsuale e la necessità della sua ripetizione.
In tema di rinuncia alla nomina o dimissioni di un componente di una commissione giudicatrice per sopravvenuti impedimenti, l’art. 3, comma 12, del d.P.R. n. 117 del 2000, disciplinante le procedure per il reclutamento dei professori universitari e di ruolo a norma dell’articolo 1 della Legge n. 210/1998 non può trovare applicazione al caso di specie, atteso che a seguito dell’emanazione della legge n. 240/2010 tali procedure sono disciplinate dalla fonte regolamentare interna.
Le indicazioni contenute nell’atto di indirizzo del MIUR n. 39/2018 e nella delibera ANAC n. 1208/2017 non costituiscono ex se parametri di legittimità di atti e comportamenti delle pubbliche amministrazioni, dovendosi escludere abbiano un contenuto vincolante.
Si pone in aperto contrasto con il bando, oltre che con i generali principi dell’azione amministrativa, il modus procedendi della Commissione che si sia limitata a ribadire gli stessi criteri previsti dal bando, senza l’attribuzione di singoli e specifici pesi o punteggi né in relazione agli stessi, né per i diversi ulteriori elementi costituenti oggetto della valutazione (titoli, curriculum, pubblicazioni), e senza effettuare alcun chiarimento su quali fossero i titoli valutabili.
Le valutazioni espresse dalla Commissione giudicatrice di un concorso universitario costituiscono espressione di ampia discrezionalità tecnica, la quale è sindacabile dal giudice amministrativo nei soli ristretti casi di esiti abnormi, caratterizzati da illogicità ovvero superficialità manifeste, emergenti dalla stessa documentazione.