L’attribuzione illegittima alla Commissione della facoltà di fissare nuovi criteri di valutazione implica una lesione che ancorché potenziale è innegabile in quanto in contrasto con la primaria esigenza di garanzia della trasparenza e imparzialità delle commissioni concorsuali. Deve, dunque, ritenersi che, al momento della proposizione del ricorso, fosse immediato e attuale l’interesse della candidata ad evitare che la commissione preposta alla valutazione dei titoli della stessa fosse legittimata a farlo fissando dei nuovi criteri, potenzialmente orientati a favorire uno dei due soli candidati in concorso la cui identità, se non nota ai componenti poteva ritenersi agevolmente conoscibile in ragione del complesso iter che ha caratterizzato la procedura concorsuale.
È illegittima la decisione dell’Università che abbia agito in autotutela per annullare una procedura di reclutamento provvedendo a formare una nuova commissione, con la ulteriore facoltà di fissare nuovi criteri di valutazione, quando l’oggetto dell’annullamento verteva sull’applicazione dei criteri e non sulla loro formulazione e riguardo alla quale l’Amministrazione universitaria si era determinata a una nuova valutazione dei candidati da parte di una rinnovata commissione giudicatrice, nulla dicendo in ordine all’attività della stessa con riferimento alla fissazione dei criteri, limitandosi, il decreto, a richiamare l’attività di attribuzione dei punteggi.
Non può ravvisarsi il diritto al risarcimento del danno quando il ricorrente non provi né il danno, né il nesso eziologico e, quindi, non sia certo che la ricorrente avrebbe conseguito la nomina per cui ha concorso, dal momento che sebbene vi siano stati degli errori, la cui correzione l’avrebbe favorita, non vi è prova che una puntuale attribuzione dei punteggi, considerando tutti i parametri fissati dalla prima commissione, avrebbe potuto determinare un diverso esito della procedura.
In nessun caso il risarcimento del danno potrebbe essere pari alla differenza stipendiale, in quanto è costante l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il mancato esercizio delle funzioni previste dal bando esclude la possibilità di percepire tali somme, non essendo stata svolta l’attività che è il presupposto della loro corresponsione.