La statuizione del giudice di primo grado secondo cui non possa entrare nel merito della valutazione della commissione, il cui giudizio costituisce espressione di attività altamente discrezionale, non suscettibile di essere sindacata, se non nel caso di incompletezza, incongruenza o manifesta disparità è un’impostazione sui limiti del controllo giurisdizionale che non può essere condivisa in quanto tendente a integrare un sindacato meramente estrinseco, attuato solo mediante massime di esperienza appartenenti al sapere comune o in base a rilevati macroscopici vizi di legittimità; al contrario, il principio di effettività della tutela giurisdizionale, che in base all’art. 1 cod. proc. amm. deve costituire la chiave interpretativa di tutte le disposizioni processuali, impone di adottare una tecnica di sindacato di tipo intrinseco, in cui il giudice amministrativo non si avvale solo delle massime di esperienza o rileva vizi macroscopici, ma di regole e conoscenze tecniche, appartenenti alla medesima scienza specialistica ed ai modelli applicati dall’amministrazione, eventualmente anche attraverso l’ausilio di un consulente, non necessario nel caso in esame come emerge dalle considerazioni che seguono.
È illegittimo l’operato della commissione laddove modifichi (ex post) il peso dei criteri di valutazione delle candidature quando erano già conosciuti i nominativi dei candidati; infatti, quest’attività integrativa rispetto ai criteri prestabiliti nel bando di concorso viene svolta quando già si conoscono i profili professionali ed accademici dei candidati, con l’evidente rischio che la selezione possa così essere orientata a favore dell’uno o dell’altro.