Qualora, nell’esercizio della propria autonomia regolamentare, un’Università introduca un criterio domestico per le procedure di chiamata dei professori universitari, la selezione di un candidato a discapito di un altro può fondarsi sul criterio domestico solamente qualora vi sia una sostanziale equivalenza o una non eccessiva distanza tra i candidati per quanto riguarda gli altri criteri di valutazione.
Qualora una sentenza di primo grado non si limiti a rilevare l’illegittimità della preminenza attribuita ad un criterio c.d. domestico introdotto da un’Università per le procedure di chiamata dei professori universitari (il cui impiego, in ogni caso, non può che essere residuale, in conformità ai principi dell’art. 97 Cost.), ma evidenzi il nesso tra detta illegittima preponderanza e il dato fattuale che, in relazione praticamente a tutti gli altri criteri valutativi, un candidato risulti nettamente superiore al suo competitore, in sede di riedizione del potere amministrativo, le valutazioni di superiorità di tale candidato, non contestate in giudizio, non possono essere stravolte dalla commissione giudicatrice.