La clausola della lex specialis, che prevede indubbiamente l’esclusione del rapporto di coniugio dalle cause di impossibilità di partecipazione alle procedure di chiamata, deve essere impugnata dal ricorrente; il fatto che detta impugnazione sia mancata comporta l’inammissibilità del motivo poiché l’ipotetico accoglimento della censura non potrebbe spiegare effetti sulla procedura per cui è causa, la quale rimane regolata dal bando, le cui clausole (ormai inoppugnabili) continuano a non prevedere il coniugio tra le cause di esclusione.
La partecipazione alle Commissioni “giurisdizionali”, operanti con riguardo a singoli candidati, non è assimilabile alla partecipazione a Commissioni per l’A.S.N. “ordinarie” e comunque non genera mai incompatibilità.
La rosa dei nominativi di aspiranti Commissari tra cui procedere al sorteggio è sufficientemente ampia, essendo composta da un numero di docenti (quattro) pari al doppio dei posti da sorteggiare (due) e dovendosi ritenere che i candidati non sorteggiati siano rimasti esclusi, non in una situazione ritenuta illegittima nella quale anche gli aspiranti Commissari non sorteggiati entravano comunque a far parte della Commissione, in qualità di supplenti, cosicché il sorteggio era più apparente che reale e comunque non era in grado di evitare una selezione “domestica” della Commissione ad opera del Dipartimento interessato alla chiamata. In secondo luogo, la predeterminazione della rosa dei sorteggiabili non era realizzabile, perché, trattandosi di riedizione della procedura, non è possibile individuare la lista degli aspiranti Commissari prima che fossero noti i nomi dei partecipanti alla procedura stessa.
Le perplessità espresse dal ricorrente sulle modalità di individuazione dei componenti della Commissione, le quali sarebbero state tali da condurre, di fatto, a scegliere un Commissario “su misura” a lui sfavorevole, sono rimaste pur sempre sul piano dell’opportunità, non sindacabile in sede giurisdizionale, della nomina del Commissario e non della sua legittimità.
È inammissibile il ricorso volto a sconfinare nel merito delle valutazioni della Commissione e mira a far sì che il giudice si sostituisca alla Commissione stessa nell’operazione di valutazione dei candidati. Invero, è insegnamento della giurisprudenza consolidata che le valutazioni della Commissione giudicatrici, le quali, com’è noto, sono espressione di un’ampia discrezionalità tecnica, sono sindacabili esclusivamente se affette dai vizi di illogicità, irragionevolezza, arbitrarietà o travisamento. Sono, pertanto, inammissibili i tentativi di indurre questo giudice a sostituirsi alla Commissione nel riconoscere pregio scientifico a pubblicazioni da questa valutate non positivamente (o comunque in modo che non soddisfa il candidato), per giunta servendosi di circostanze totalmente estranee alla procedura concorsuale (le recensioni favorevoli espresse da altri studiosi, magari appartenenti ad altre discipline del Sapere) e senza fornire adeguati mezzi di prova a supporto delle proprie tesi.
È inammissibile il tentativo di dimostrare l’illegittimità della valutazione della Commissione attraverso il confronto con le valutazioni di altre Commissioni giudicatrici, a ciò ostando il principio dell’autonomia di giudizio delle singole Commissioni. Tale principio subisce un temperamento quando i giudizi valutativi difformi:
– si collochino in un ristretto lasso temporale;
– avvengano sulla base dei medesimi elementi e criteri di valutazione;
– presentino rilevanti scostamenti nel punteggio, che non traggano giustificazione in nuovi e motivati fatti e/o elementi.