Nella procedura di abilitazione scientifica nazionale per la prima fascia in forza della disciplina di riferimento è necessario che dalla valutazione delle pubblicazioni scientifiche, oltre che dei titoli, emerga la “piena maturità scientifica del candidato, attestata dall’importanza delle tematiche scientifiche affrontate e dal raggiungimento di risultati di rilevante qualità e originalità, tali da conferire una posizione riconosciuta nel panorama anche internazionale della ricerca” (art. 3, DM n. 120 del 2016).
Non è affetto da illegittimità il giudizio collegiale di inidoneità che si salda con quelli individuali, i quali attestano l’assenza di “risultati di rilevante qualità e originalità”, oltre che di “impatto scientifico”, con unanime esclusione del possesso di una “piena maturità scientifica richiesta per acquisire l’abilitazione scientifica nazionale di prima fascia in Archeologia”.
Rivestono centralità nel giudizio l’originalità e l’innovatività della produzione scientifica a maggiore ragione in circoscritti ambiti tematici di analisi.
Le valutazioni della Commissione esaminatrice sono espressione di ampia e qualificata discrezionalità tecnica, il cui concreto esercizio può essere soggetto al sindacato di legittimità del giudice amministrativo solo se viziato da travisamento dei fatti, violazione delle regole di procedura, illogicità manifesta con riferimento ad ipotesi di erroneità o irragionevolezza non ravvisabili nella fattispecie, in quanto dalla documentazione in atti emerge che le locuzioni utilizzate dalla commissione sono inequivoche nel senso di concludere per il mancato raggiungimento da parte della candidata di risultati scientifici talmente significativi da meritare l’abilitazione alla prima fascia, non essendo stata ancora conseguita dall’appellante la qualità elevata richiesta, restando precluse deduzioni afferenti al merito delle determinazioni rimesse alla discrezionalità dell’organo collegiale valutativo tecnico.